Naika Ferruccio

Naika Ferruccio

Psichiatra MSF

“Ma perché una psichiatra dovrebbe andare in Africa? Non hanno problemi più importanti lì?”

Naika Ferruccio

Naika Ferruccio

Psichiatra MSF
“Ma perché una psichiatra dovrebbe andare in Africa? Non hanno problemi più importanti lì?”

E poi dopo mesi arriva il momento in cui non riesco più a trattenere le lacrime, non appena la madre di Solomon si stringe forte a me per ringraziarmi. Mi sento pervasa da sentimenti contrastanti, di felicità per essere riuscita finalmente a ridare una vita dignitosa a chi per anni l’aveva persa, ma anche di tristezza pensando a quanti ancora non hanno avuto la stessa possibilità.

“Lì hanno altri problemi più importanti. Perché una psichiatra dovrebbe partire per una missione umanitaria?” Una domanda che mi hanno fatto in molti prima di partire.

Sin da piccola sognavo di poter partire come volontaria, poi avendo deciso di intraprendere la specializzazione in psichiatra, avevo un po’ accantonato l’idea. Lavorando con diversi richiedenti asilo in un centro di salute mentale in Italia questa scintilla si era pian piano riaccesa e grazie a MSF che già da anni porta avanti progetti di salute mentale in tutti il mondo è potuta diventare realtà.

Vengo mandata nella regione del Tigrai, in Etiopia, con il suo paesaggio aspro e le sue montagne massicce, dove tutto sembra essersi fermato a un’epoca lontana e dove il sacro e l’umano coesistono e sono indissociabili.

Pochi giorni dopo il mio arrivo conosco Solomon, nell’ospedale psichiatrico che MSF aveva aperto qualche anno prima in uno dei 4 campi della regione, che funziona da centro di rifermento per rifugiati Eritrei. Qui arrivano anche pazienti da tutta la regione, viaggiando ore su mezzi pubblici affollati in strade tortuose e anguste, per provare le cure di “un’organizzazione con dottori bianchi”.

Naika, durante una formazione

Gli infermieri mi informano che Solomon e sua madre hanno viaggiato due giorni per arrivare da noi. E’ stato portato legato per le mani, come scopro nei mesi successivi tanti altri pazienti. Questo è spesso l’unico strumento che la famiglia possiede per proteggere i propri cari quando iniziano a manifestare gravi problemi psichiatrici e principalmente per evitare che possano farsi del male o scappar da casa. Solomon è malato da 4 anni, presente una grave forma di catatonia, una sindrome psichiatrica di non semplice diagnosi in un contesto come l’Etiopia e che in alcuni casi, per il rischio di complicanze mediche, può portare anche alla morte. Gradualmente ha smesso di parlare, il suo corpo è diventato rigido e a ha difficoltà a muoversi ma a volte diventa aggressivo senza ragione. Ha difficoltà a deglutire e a trattenere urine e feci. In tutti questi anni la madre ha provato solo cure tradizionali, con bagni ripetuti nell’acqua santa, secondo le credenze ortodosse del posto.

Solomon dopo mesi ha ricominciato a parlare, camminare e alimentarsi grazie alle cure che ha ricevuto nel nostro ospedale e successivamente nella capitale dove è stato inviato grazie ai finanziamenti di MSF. Io, a casa dopo 13 mesi in missione, ripenso agli occhi profondi color nocciola di Solomon mentre mi sorride all’ultimo controllo ma mi chiedo quante famiglie ancora in quel posto non sanno che una cura per molte malattie mentali esiste. E allora mi dico che una risposta alla domanda perché una psichiatra dovrebbe partire l’ho trovata.

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