Mara Eliana Tunno

Mara Eliana Tunno

Psicologa MSF

Questo è stato nel Mediterraneo

Mara Eliana Tunno

Mara Eliana Tunno

Psicologa MSF
Questo è stato nel Mediterraneo

Buon vento, che la terra vi sia lieve. Che il mondo si renda conto che questo non può accadere.

Gli occhi di Daren* che ha perso il suo amico. I suoi occhi persi nel vuoto che non vedono null’altro che il mare. Non ha realizzato che è arrivato. Vede davanti a sé ancora il barile del carburante, la barca che si muove sulle onde.

Non sa che è al sicuro adesso. Non mi vede, non riesce ad arrivare. Appena chiude gli occhi sente le urla di aiuto, i pianti. Quando apre gli occhi vede le onde, la pioggia. Ripetiamo insieme “Non sono più sulla barca, non sono più in pericolo in mare…”. Lo scriviamo insieme su un bigliettino di carta, lo ripetiamo ancora e ancora, lo rileggiamo ancora e ancora. Prima o poi arriverà Daren*

Kofi* non c’è proprio. Sua moglie è morta e suo figlio le è scivolato dalle braccia cadendo in mare. Suo fratello si è buttato in acqua poi per salvare il bambino, ma anche lui è stato risucchiato dalle onde. Ora rimane Kofi* qui seduto davanti a me che ha vent’anni e in un viaggio ha perso la sua famiglia, tre persone. Rimane Kofi* che si guarda intorno disorientato, lo sguardo completamente perso e triste. Non realizza cosa è successo.

Mi chiede dove può fare sport, vorrebbe dei pesi. È troppo grande il dolore adesso per realizzare le perdite. Vorrei tanto abbracciarlo, prendergli un po’ di quel peso che sta portando e che non sa ancora di dover portare per tanto tempo. Vorrei accompagnarlo per un po’ fin quando si sveglierà da questo stato assente e realizzerà il suo incubo.

Gyasi* non c’era nel gruppo, è venuto dopo. Suo fratello è morto tra le sue braccia e lui l’ha tenuto in braccio morto per giorni. Ora vuole chiamare la famiglia per annunciare la sua morte. Dà il telefono a Moussa, il mediatore interculturale: è lui a dover annunciare alla sua famiglia che hanno perso un figlio, un fratello, un nipote. Mi fa male il cuore, mi si stringe. La sua famiglia grida al telefono, Gyasi* grida davanti a noi. Moussa mantiene la calma e spiega al telefono. Gyasi* si abbraccia la bibbia e vi china la testa sopra. Non è colpa sua. Ha fatto tutto quello che poteva.

Hamidi* ha perso il suo piccolo amico. “Sembrava addormentato. Io gli parlavo e gli chiedevo se stava bene e lui non rispondeva. Prima di addormentarmi mi ha detto che aveva fame e sete. Poi si è spento. L’ho chiamato per giorni. Il primo giorno non mi rispondeva, neanche il secondo giorno rispondeva. Ogni giorno gli chiedevo come stava, gli chiedevo di svegliarsi ma non mi ha mai risposto”.

Povero Hamidi*, che terribile dev’essere stato, col suo amico che poggia la testa sui suoi piedi per riposare e muore, mentre lui pensa che dorme e prova a chiamarlo per giorni.

Razi* ha perso la sua compagna. È morta abbracciata a lui ed è rimasta così per giorni interi fino all’arrivo dei soccorsi.

Ada* ha avuto un aborto al suo arrivo. Ha perso suo figlio o figlia di soli 3 mesi.

Considerate se questo è un uomo

Rimasto alla deriva delle onde in mare per dieci giorni

Senza acqua e senza cibo

Con i piedi gonfi e ustionati

Al freddo e al gelo delle onde

Che vede morire sua moglie di fame e di sete

Mentre suo figlio le scivola dalle braccia

E sparisce in mare.

Che vede suo fratello buttarsi in mare per salvare il figlio

Ma anch’egli risucchiato dalle onde.

Considerate se questa è una donna

Scappata da matrimonio forzato

Tortura, violenza e abusi

Per attraversare il deserto,

essere picchiata alla frontiera,

rimanere incarcerata in prigione in Libia

per poi infine attraversare il mare

e vedere morire 8 persone davanti a lei

e due persone risucchiate dalle onde.

Arrivare alle allucinazioni per mancanza di cibo e acqua

Vedere le case e gli alberi sul mare.

Ha nevicato, faceva freddo.

Considerate se questa è una donna

Vuoto il suo sguardo, assente la sua mente

Freddo il suo corpo, come una rana

Senza più forza di ricordare.

Meditate che questo è stato.

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