Benedetta Capelli

Benedetta Capelli

Ostetrica MSF

Nascere in sicurezza, la storia di Aisha

Benedetta Capelli

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Ostetrica MSF
Nascere in sicurezza, la storia di Aisha

Nascere in sicurezza non significa nascere in ospedali sofisticati o con attrezzature moderne, ma piuttosto avere a fianco medici, ostetriche, personale preparato, capaci di agire in caso di necessità, con farmaci adeguati e una sala operatoria pronta in caso di urgenza.

Nascere in sicurezza è un concetto non facile da spiegare alla gente “fortunata” come noi, abituata ad associare le gravidanze a controlli medici e parti in ospedali con personale qualificato. Ma d’altronde non è neanche facile spiegare come, in molti dei paesi dove è attiva Medici Senza Frontiere, le donne in gravidanza rischiano la vita perché un conflitto impedisce loro di uscire di casa per ricevere cure, perché l’ospedale più vicino è troppo lontano da raggiungere o semplicemente perché in certe regioni le strutture sanitarie sono inesistenti.

Ma proviamo a fare un gioco di fantasia.

Immaginiamo di essere Aisha, una giovane donna incinta che abita in Repubblica Centrafricana. Quando era piccola, la famiglia di Aisha si è trasferita dal villaggio d’origine a Bangui, la capitale. Nonostante Aisha abiti a Bangui da più di 15 anni, lei in un ospedale non c’è mai stata: si ricorda solo la sua mamma, qualche volta, andare in una clinica per accompagnare uno dei suoi fratelli che stava male. Aisha abita nel quartiere musulmano della città, sede di scontri periodici tra gruppi armati, commercianti, militari o civili armati.

Aisha sa come nascono i bambini, ha visto sua madre partorire 5 dei suoi fratelli e sorelle a casa, con lei una levatrice del quartiere. Ma Aisha si ricorda anche il giorno in cui sua mamma è morta appena dopo avere dato alla luce l’ultimo fratellino. Aisha si ricorda il sangue, dappertutto. È per questo che Aisha, appena aveva scoperto di essere incinta la prima volta, aveva deciso di partorire nella clinica sanitaria del quartiere. Solo che, proprio nel periodo prossimo al termine della gravidanza, sono cominciati degli scontri in tutta la città. Chi usciva di casa sapeva di stare rischiando la vita, per donne e ragazzine ancora peggio.

Una di quelle sere Aisha comincia a sentire dei dolori al ventre, ma stanno sparando là fuori. Suo marito la conforta dicendo che tutti i bambini nella sua famiglia sono venuti al mondo in casa, che andrà tutto bene. Solo che non va tutto bene, il bambino di Aisha alla nascita non piange e purtroppo non sopravvive.

Le settimane a venire Aisha si sente triste, vuota e inutile, ma tutti la rincuorano dicendo che avrà altri bambini. In fondo, Aisha non è morta come sua madre… Dopo qualche mese, Aisha si accorge di essere di nuovo incinta. Gli scontri si sono finalmente placati, tuttavia muoversi di sera può essere ancora pericoloso.

Ma questa volta Aisha parla con suo marito, insieme decidono che, costi quel che costi, cercheranno di raggiungere una clinica o un ospedale in tempo. Aisha si sente agitata e triste per tutta la gravidanza: ha paura che perderà il bimbo come la prima volta, forse morirà anche lei.

Ma non questa volta.

Una sera Aisha comincia a sentire dei dolori al ventre, suo marito riesce ad accompagnarla alla piccola clinica del quartiere, dove si ricevono cure e farmaci gratuiti. All’interno c’è anche una sala parto.

Durante la notte le ostetriche decidono di trasferire Aisha all’Ospedale di Castor di Medici Senza Frontiere, la maternità più grande della città: conoscendo la triste storia del primo parto e vedendo che il travaglio corrente stia diventando un po’ troppo lungo, sospettano che Aisha necessiti di medici e forse, di una sala operatoria.

Un’ambulanza trasporta Aisha all’ospedale con suo marito.

Il mattino accoglie un’Aisha stanca ma soddisfatta: ha partorito un bimbo sano, senza complicazioni.

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