Stefanie

Stefanie

Coordinatore medico MSF

Ogni giorno che passa vediamo persone più colpite dall’incertezza

Stefanie

Stefanie

Coordinatore medico MSF
Ogni giorno che passa vediamo persone più colpite dall’incertezza

La nostra équipe medica sulla Ocean Viking, composta da un coordinatore medico, un medico, un infermiere e un’ostetrica, si sta prendendo cura dei 104 naufraghi soccorsi. Finora hanno effettuato 60 consultazioni nella clinica di bordo e circa 100 sul ponte della nave.

Molti pazienti soffrono di mal di mare, infezioni del tratto respiratorio e infezioni della pelle causate dalle cattive condizioni igieniche in Libia. Tutti i pazienti nella clinica hanno riportato storie di violenza nei loro paesi d’origine o lungo il percorso verso la Libia. Diversi di loro hanno cicatrici ancora visibili sui loro corpi.

Con il prolungarsi dell’attesa in mare, la nostra équipe medica teme che la continua incertezza e le difficili condizioni meteo possano avere un ulteriore impatto sulla loro salute. Di seguito un aggiornamento da Stefanie, la coordinatrice medica a bordo della nave.

Gli effetti del mal di mare

“Da quando il tempo è peggiorato e la nave è esposta a onde elevate, forti venti e temperature più fredde, le condizioni delle persone a bordo peggiorano. Tra i 104 naufraghi, almeno la metà soffre di nausea, mal di testa e vomito, al punto che hanno difficoltà a mangiare. Il mal di mare e l’inappetenza rendono le persone molto deboli. I bambini più piccoli, in particolare, sentono subito gli effetti del mal di mare e perdono energie. Le loro madri sono preoccupate perché non sapevano cosa fosse il mal di mare prima d’ora. Mi dicono che si sentono impotenti nel vedere i loro figli in quelle condizioni e io sento che è così inutile esporli a tutto questo mentre aspettiamo bloccati in mare un luogo sicuro in cui sbarcare.

Oltre a fornire trattamenti medici, incoraggiamo tutti a riposare, sdraiarsi, dormire e continuare a bere e mangiare per quanto possibile.

L’incertezza cresce di giorno in giorno

Ogni giorno che passa, vediamo le persone sempre più colpite dall’incertezza. Il loro stato fisico e mentale vanno di pari passo. I sintomi legati al freddo, come raffreddore, tosse, mal di testa e dolori diffusi, che molti adulti e bambini presentano, sono i sintomi visibili fisicamente e peggiorano quando peggiorano le condizioni meteo. Ma oltre a questo vediamo persone sempre più inappetenti, più nervose e meno pazienti, perché non hanno alcun controllo sulla loro situazione e non sanno cosa accadrà né quando.

Un giovane uomo, ancora adolescente, è venuto da me una sera chiedendo medicine per dormire. Ha detto che non riusciva a dormire da diversi giorni perché la sua mente si riempiva di pensieri appena chiudeva gli occhi. Pensava a quello che aveva visto e vissuto negli ultimi mesi e mi ha detto di avere paura di quello che potrebbe accadergli ora.

Cerchiamo di passare del tempo con tutte le persone a bordo, di parlare e semplicemente tenerli informati della situazione. Dopo tutto quello che hanno passato è difficile, come medici, stare accanto a loro e vederli soffrire ancora.

Ogni paziente ha la sua storia di violenza

Ogni paziente che abbiamo visitato finora ha la sua storia di violenza vissuta nel paese di partenza, lungo il viaggio nel deserto o in Libia. Abbiamo visto ferite causate da acqua bollente o plastica fusa versata sulle braccia, tagli di coltello sulla schiena e le gambe e traumi da percosse con diversi oggetti. Un uomo ci ha mostrato una ferita sulle labbra e ci ha detto di essere stato picchiato in faccia. Le persone ci raccontano che lo fanno soprattutto per estorcere denaro alle loro famiglie mentre sono tenuti in detenzione in Libia.

Diverse donne e ragazze – ma anche uomini – si sono fatte avanti e ci hanno raccontato storie di violenze sessuali. Oltre a fornire cure mediche e primo soccorso psicologico, ci sediamo con loro e cerchiamo di mostrare il nostro rispetto, perché hanno avuto il coraggio di parlare, perché in molti casi di violenze sessuali i sopravvissuti non lo raccontano.

Durante le consultazioni, le donne hanno detto di essere fuggite dai loro paesi d’origine a causa di matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili o violenze sessuali. È agghiacciante sentire che alcune di loro hanno assunto contraccettivi prima di intraprendere il viaggio perché sapevano che avrebbero rischiato di essere violentate. Le cicatrici invisibili di questi eventi traumatici spesso richiedono un tempo molto lungo per guarire.

Per molti di loro è la prima volta dopo molto tempo che qualcuno li ascolta e riconosce ciò che hanno passato. Ecco perché il nostro primo principio quando siamo nella clinica è di essere sicuri di guardarli negli occhi, chiedere il loro nome e semplicemente prendere del tempo per ascoltarli.

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