Come ostetriche in Afghanistan, diamo nuova vita a questo paese in condizioni difficili. Ogni anno in tutto il mondo nascono circa 130 milioni di bambini.
Ciò significa che ci sono milioni di donne che hanno bisogno di assistenza per affrontare la gravidanza e il parto. Dare alla luce un bambino è uno dei momenti più gloriosi e critici della vita di una donna.
Ho scelto di diventare un’ostetrica per la mia passione nel vedere una nuova vita venire al mondo e il mio forte desiderio di assistere la mia gente. Questa vocazione nasce dalla mia famiglia: alcune mie zie e cugine lavorano come ostetriche in diversi ospedali di Kabul.
Anche loro hanno scelto questa professione per il loro forte desiderio di servire il nostro paese e perché hanno imparato che, in Afghanistan, la maggior parte delle donne che muoiono durante il parto perdono la vita per complicazioni prevenibili.
Nonostante alcuni miglioramenti negli ultimi anni, l’Afghanistan ha uno dei più alti tassi di mortalità materna e neonatale al mondo e la necessità di cure specialistiche è di vitale importanza. In Svizzera muoiono 5 donne ogni 100.000 nascite, in Afghanistan 638.
L’insicurezza è una delle maggiori sfide che ogni ostetrica e donna incinta in Afghanistan deve affrontare. Ho vissuto dolorosamente questa esperienza in prima persona.
L’attacco alla maternità di Kabul
Sono la responsabile del team delle ostetriche nella maternità gestita da Medici Senza Frontiere nell’ospedale Dasht-e-Barchi di Kabul. Ricordo bene la mattina del 12 maggio, il giorno dell’attacco. Era una giornata di sole, l’aria era fresca e ho provato un senso di pace quando sono entrata in ospedale.
Una volta arrivata, ho visto i miei colleghi al lavoro. Sembravano tutti motivati e desiderosi di iniziare una nuova giornata. Siamo abituati a tragedie quotidiane, ma niente avrebbe potuto prepararci all’orrore che sarebbe avvenuto.
In Afghanistan, un reparto maternità è uno dei pochi spazi in cui le donne sono le leader. Gli assalitori sono entrati in un’area in cui a nessun uomo è permesso di accedere. Hanno assaltato il reparto armati di pistole, uccidendo donne incinte, neomamme e neonati. I loro leader saranno molto orgogliosi nel celebrare una vittoria su un esercito di bambini appena nati e di donne che indossano solo camici ospedalieri.
Un ospedale dovrebbe essere uno spazio protetto, come prevede il diritto internazionale umanitario. Eppure, l’assalto al mio reparto di maternità non è un caso eccezionale: qui gli attacchi alle strutture sanitarie si verificano di frequente. Ma cosa c’è di diverso in questo attacco rispetto a tutti gli altri?
Come ostetriche in Afghanistan, siamo leader silenziose del nostro paese. Assistiamo le donne incinte che stanno dando alla luce il futuro del Paese e dobbiamo essere protette.
Salvaguardare un reparto di maternità, equivale a salvaguardare il nostro futuro, insieme alle ostetriche che vi lavorano. Ostetriche come la nostra amata Maryam, che è stata uccisa nel modo più incomprensibile mentre assisteva future madri partorienti.
Nel giorno dell’assalto, durato ben 4 ore, gli assalitori non solo hanno attaccato donne incinte e neonati, ma anche decenni di lavoro necessari a ridurre la mortalità materna e neonatale in Afghanistan. A causa di questo attacco, le donne che si trovano nell’area a ovest di Kabul, con oltre un milione di abitanti, non hanno più accesso a cure ostetriche e neonatali complete.
Con la nostra maternità temporaneamente chiusa e la pandemia Covid-19, le possibilità di cura per le donne con complicazioni o bisogni speciali sono ancora meno. La loro unica possibilità nelle vicinanze non è più il nostro ospedale da 50 posti letto, ma uno con solo 7 letti dedicati alle cure per la maternità.
Riceveranno l’aiuto di cui hanno bisogno? Avranno i mezzi per pagare le cure? Sopravviveranno al travaglio se non vengono ricoverate in nessun altro ospedale?
Ho paura di pensare a cosa accadrà a quelle donne che altrimenti sarebbero venute da noi. Ogni mese, la maternità gestita da MSF assisteva più di 1.200 madri. La maggior parte appartengono alla comunità Hazara e non hanno i mezzi per pagare le cure in altri luoghi. Alcune donne arrivano in ospedale in condizioni terribili.
Tutti i nostri pazienti e la comunità in generale erano molto felici di poter contare sul nostro reparto di maternità che forniva servizi gratuitamente, soprattutto perché gli ospedali governativi fanno pagare una certa somma di denaro.
Mi rattrista vedere come la povertà, la mancanza di un buon sistema sanitario, la mancanza di risorse, l’insicurezza e la pandemia di Covid-19 stiano limitando le possibilità alle persone di ricevere cure mediche adeguate. I centri sanitari di Kabul stanno già operando a capacità ridotta poiché parte del loro personale è stato contagiato da Covid-19.
Sono ferita, la mia vita è cambiata, ma sono ancora convinta di dover portare avanti il mio lavoro.
So che la mia gente ha bisogno di noi e si aspetta che torniamo in piedi con il supporto di MSF. Non posso dimenticare tutti quei pazienti che hanno bisogno di una mano e cure di livello. Voglio anche onorare tutti quei pazienti che sono diventati nostri amici e hanno pregato per me. Non voglio deluderli, soprattutto ora, quando molti soffrono anche a causa della pandemia di Covid-19.