Elezioni
Il 5 ottobre, si sono tenute le prime elezioni parlamentari sotto il nuovo governo di “Hayat Tahrir al-Sham” (HTS), guidato da Ahmed al-Sharaa.
Dei 210 parlamentari previsti, che resteranno in carica per 30 mesi, 119 sono stati eletti da collegi elettorali locali da una lista di 1500 candidati autonomi (i partiti politici sono stati sciolti alla caduta di Assad). In tre province, Raqqa e Hasakah, nel nord-est, controllate dai curdi, e al-Suwayda, a maggioranza drusa, le elezioni sono state sospese a tempo indefinito per motivi di sicurezza: i relativi 21 seggi resteranno vacanti. I restanti 70 parlamentari saranno nominati direttamente dal presidente al-Sharaa.
Le autorità hanno affermato di aver rinunciato al suffragio universale, optando per un sistema elettorale indiretto, per la mancanza di dati affidabili sulla popolazione a seguito delle migliaia di morti e dei milioni di rifugiati e sfollati interni causati dalla guerra.
Gli eletti sono risultati in grandissima maggioranza musulmani sunniti. Le donne sono solo 6. 10 seggi sono stati assegnati a minoranze religiose ed etniche, tra cui curdi, cristiani e alawiti. Vi è la possibilità che il presidente al-Sharaa intervenga a sanare, almeno in parte, tali squilibri attraverso la nomina dei 70 seggi di sua competenza.
Il contesto generale
La caduta di Assad, l’8 dicembre 2024, ha messo fine a un conflitto durato quattordici anni e che, secondo “Syrian Network for Human Rights”, ha causato la morte di 231mila civili e la sparizione di più di 150mila persone, in gran parte nelle carceri di Assad, con più di 15mila persone morte a causa delle torture subite.
Il 29 marzo, il presidente al-Sharaa ha annunciato la formazione di un governo di transizione composto da 23 ministri di diversa provenienza etnica e religiosa, tra cui rappresentanti alawiti, cristiani, drusi e curdi. Una donna è stata nominata ministro degli Affari sociali e del lavoro.
Il nord-est della Siria rimane sotto il controllo delle Forze Democratiche Siriane (SDF) a guida curda. lo scorso marzo, sono stati avviati i colloqui per discutere l’integrazione delle SDF nelle nuove istituzioni entro la fine dell’anno. Un accordo siglato il 10 marzo stabiliva che ai curdi sarebbero stati concessi il diritto di cittadinanza e altri diritti costituzionali, compreso l’uso e l’insegnamento della lingua curda. Gli accordi sono in una fase di stallo e nel mese di settembre si sono registrati diversi scontri tra SDF e le forze governative a est di Aleppo.
Tra il 6 e il 10 marzo, violenze tra forze governative e filogovernative da un lato e milizie alawite dall’altro, avrebbero causato la morte di oltre 1400 civili nelle province costiere di Latakia, Tartous e, in misura minore, Hama e Homs. Secondo alcune fonti, la maggior parte dei civili uccisi sarebbero alawiti. Le violenze hanno causato lo sfollamento di circa 51mila persone, di cui 6mila fuggite in Libano.
In luglio, sono scoppiati violenti scontri tra comunità druse e tribù beduine ad al-Suwayda, con conseguenti operazioni di terra da parte delle forze militari del nuovo governo. A difesa dei drusi è intervenuto l’esercito israeliano, con attacchi aerei che hanno preso di mira siti militari nelle zone di Dar’a, Latakia e Damasco, dove è stata colpita anche l’area del palazzo presidenziale. Secondo l’“Osservatorio siriano per i diritti umani”, al 14 agosto erano state uccise più di 1600 persone nella zona di al-Suwayda, con circa 130mila sfollati interni in condizioni umanitarie critiche, senza accesso a ripari, acqua e cure mediche.
Il 24 settembre, il presidente al-Sharaa è intervenuto a New York all’ottantesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA 80), la prima volta di un presidente siriano negli ultimi sessant’anni.
Bisogni umanitari
Quattordici anni di conflitto hanno devastato le infrastrutture civili della Siria, lasciando gran parte della popolazione priva di accesso a beni essenziali quali l’acqua e l’elettricità.
Oltre il 70% della popolazione necessita di qualche forma di aiuto umanitario, di cui 7 milioni e mezzo di bambini; più di 9 milioni di persone vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare: oltre 600mila bambini sotto i cinque anni sono gravemente denutriti e necessitano di cure salvavita.
La Siria continua ad affrontare una diffusa scarsità d’acqua, causata da una combinazione di fattori quali il cambiamento climatico (scarse precipitazioni e siccità prolungate) e la distruzione estesa delle infrastrutture idriche. Secondo la FAO, il Paese sta vivendo la peggiore siccità degli ultimi 36 anni. Tra novembre 2024 e aprile 2025, le precipitazioni sono state inferiori del 54% rispetto alla media. Gran parte delle infrastrutture idriche, compresi i pozzi trivellati, le stazioni idriche e la rete di distribuzione in generale, rimangono gravemente danneggiati o completamente inutilizzabili. Come conseguenza, le comunità sono costrette a fare affidamento in larga misura sui camion cisterna come fonte primaria di approvvigionamento idrico, ponendo gravi problemi di salute pubblica per il rischio di contaminazione.
2 milioni e mezzo di bambini non hanno accesso alla scuola e un milione è a rischio abbandono. La grave situazione umanitaria ha accentuato il rischio di ricorrere a meccanismi di sopravvivenza quali il lavoro minorile e i matrimoni precoci.
Secondo “Mine Action Area of Responsibility” (AoR), 15 milioni e mezzo di siriani sono a rischio immediato di morte o di ferite a causa delle mine antiuomo sparse in tutto il Paese. Tra l’8 dicembre 2024 e il 15 agosto 2025, si sono verificati 664 incidenti con ordigni esplosivi, con un totale di 1274 vittime (513 morti e 761 feriti).
Ad agosto 2025, oltre 7,4 milioni di persone risultano ancora sfollate all’interno del Paese; tra loro, più di 2 milioni vivono in campi e insediamenti informali, soprattutto nel nord-ovest e nel nord-est del Paese, sovraffollati e con scarso accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e all’assistenza sanitaria: 7 persone su 10 nei campi sono donne e bambini. Nella regione, soprattutto in Turchia, Libano e Giordania, vivono oltre 4 milioni di rifugiati siriani.
L’UNHCR stima che, dall’8 dicembre 2024 al 2 ottobre 2025, un totale di 1.082.724 siriani siano tornati in Siria da altri Paesi, mentre 1.870.049 sfollati interni siano tornati nelle loro zone di origine.
Bisogni sanitari
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in quasi 16 milioni il numero di persone con bisogni sanitari urgenti, oltre il 65% della popolazione totale.
A dicembre 2024, solo il 57% degli ospedali e il 37% delle strutture sanitarie di base in Siria erano pienamente funzionanti. Tra le altre criticità del sistema sanitario nazionale: la carenza di personale (tra il 50 e il 70% del personale sanitario ha lasciato il Paese); i bassi salari; l’assenza di programmi di formazione o l’utilizzo di programmi non aggiornati, la mancanza di coordinamento tra i servizi sanitari pubblici e privati.
La copertura vaccinale è diminuita drasticamente, mentre il settore farmaceutico, un tempo importante produttore, registra un aumento dei prezzi dei medicinali e una crescente dipendenza dalle importazioni per i farmaci essenziali.
Nei primi anni 2000, la Siria ha avviato una serie di politiche di liberalizzazione economica, formalizzate nel “Piano Quinquennale 2006-2011”, parte di un accordo bilaterale con l’Unione Europea. Una componente chiave di questa trasformazione è stata il “Programma di Modernizzazione del Settore Sanitario” (HSMP), un’iniziativa appoggiata dal Fondo Monetario Internazionale: l’HSMP ha puntato sulla riduzione dei finanziamenti statali diretti—in particolare nel settore ospedaliero—introducendo tariffe per i pazienti, pagamenti assicurativi e partenariati pubblico-privati, contravvenendo alle politiche di accesso universalistico. Nel 2023, l’out-of-pocket (costi a carico degli utenti) rappresentava oltre il 50% della spesa sanitaria totale.
Nel periodo gennaio-agosto 2025, il “Cluster Sanità” – gruppo di coordinamento che comprende le Nazioni Unite e organizzazioni non governative – ha segnalato 34 episodi di attacchi contro strutture sanitarie in Siria.
Finanziamenti internazionali
A nove mesi dall’insediamento, il nuovo governo non ha ancora pubblicato un piano nazionale per la ripresa e la ricostruzione. Tale mancanza deriva anche dall’incertezza riguardo i fondi effettivamente disponibilii. Dei più di 3 miliardi di dollari necessari nel 2025 è stato raccolto, a oggi, solo il 18%. Ciò è dovuto alla stanchezza dei donatori dopo quattordici anni di conflitto e al dirottamento degli aiuti verso altre crisi globali.
La sospensione dei programmi umanitari finanziati dal governo degli Stati Uniti ha avuto un impatto profondo in particolare sugli sfollati interni che risiedono nei campi e nei centri collettivi: servizi fondamentali come assistenza sanitaria, gestione dei rifiuti, trasporto di acqua, distribuzione di cherosene e gas, sono stati parzialmente o del tutto sospesi.
Al 30 giugno, il 50% dei centri comunitari dell’UNHCR in Siria è stato chiuso, insieme a tutti i centri sanitari e le cliniche a essi collegati. Secondo il “Cluster Sanità”, alla fine di maggio 280 strutture sanitarie, in tutte le 14 province, stavano affrontando una riduzione o una sospensione delle attività a causa della perdita dei finanziamenti statunitensi: tra le strutture interessate dai tagli, 41 ospedali, 149 centri di assistenza sanitaria di base e 41 cliniche mobili.
In occasione della nona Conferenza di Bruxelles “A fianco della Siria: rispondere ai bisogni per il buon esito della transizione”, organizzata e presieduta dall’Unione europea il 17 marzo 2025, l’UE ha stanziato 2,5 miliardi di euro per il 2025 e il 2026 a sostegno del processo di transizione della Siria e della ripresa socioeconomica del Paese, rispondendo al contempo alle urgenti esigenze umanitarie sia all’interno della Siria che nelle comunità siriane ospitate in Giordania, Libano, Iraq e Turchia.
Tra luglio e agosto 2025, la Siria ha ospitato due importanti forum sugli investimenti che hanno attirato imprenditori e aziende provenienti dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti. Gli impegni assunti hanno raggiunto i 20 miliardi di dollari, destinati in gran parte a grandi progetti nei settori immobiliare, dei trasporti e del tempo libero. Parallelamente, Damasco ha firmato diversi accordi con investitori stranieri nei settori dell’energia, delle telecomunicazioni e dei media.
Rifugiati siriani in Europa
Alla fine del 2024, 1,3 milioni di siriani risiedevano nei Paesi europei, tra i quali oltre 140mila richiedenti asilo in attesa di una decisione in merito alla concessione dello status di rifugiato. Tra i Paesi con il maggior numero di siriani, la Germania (788mila), l’Austria (118mila) e i Paesi Bassi (86mila).
Il numero di richieste di protezione presentate da cittadini siriani nell’UE ha registrato un forte calo: le richieste mensili sono diminuite da circa 16mila nell’ottobre 2024 a poco più di 3mila nel maggio 2025.
Dopo la caduta di Assad, la maggior parte dei Paesi dell’UE ha sospeso (totalmente o parzialmente) l’esame delle domande di asilo presentate dai siriani, in attesa dei nuovi sviluppi nel Paese. Le nuove richieste vengono comunque accettate.
Delle decisioni in merito al riconoscimento della protezione per richiedenti asilo siriani notificate a maggio 2025, solo il 25% è risultato positivo, in netto calo rispetto al tasso precedente superiore al 90%.
Un’indagine dell’UNHCR su un campione di rifugiati siriani presenti in UE, ha mostrato che oltre l’80% non intende tornare in Siria nel prossimo anno. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, l’Europa dovrebbe facilitare visite temporanee dei rifugiati siriani nel loro Paese (“Go and See visits”), senza modificare il loro status giuridico, per consentire di verificare il contesto locale in termini di sicurezza, ricostruire le proprie abitazioni, valutare le possibili opzioni lavorative, in ultima analisi per creare le condizioni per un ritorno permanente in Siria.