Aborto non sicuro: evitarlo è possibile

Aborto non sicuro: evitarlo è possibile

Ogni minuto, in qualche angolo del mondo, una giovane donna si sottopone a un aborto non sicuro, con conseguenze terribili per la sua salute, tra le quali in alcuni casi la morte.

L’aborto non sicuro è una delle prime cause di mortalità materna nel mondo ed è anche l’unica del tutto evitabile. Ogni giorno, i nostri team assistono in tutto il mondo a morti e sofferenze causate da gravidanze indesiderate e aborti non sicuri. 

La maggior parte degli aborti non sicuri – il 97% – avviene in America Latina, Africa e Asia. Donne e ragazze intrappolate in situazioni di guerra, crisi, povertà estrema e marginalità  spesso si trovano ad affrontare molti ostacoli per poter ricevere un aborto sicuro. 

Ogni anno muoiono almeno 22.800 donne a causa delle complicazioni di un aborto non sicuro. Per questo, fornire assistenza per un’interruzione di gravidanza sicura significa fornire un servizio sanitario essenziale per ridurre i rischi e salvare una vita in più.  

Per superare lo stigma e aumentare la consapevolezza sul tema, oggi in occasione della Giornata internazionale dell’aborto sicuro, condividiamo storie di donne dai luoghi in cui lavoriamo, dall’India alla Repubblica Democratica del Congo, passando per il Medio Oriente, persone di diverse religioni, giovani e anziane, con e senza figli, che ci hanno raccontato le loro esperienze.

Giovani donne stanno morendo – Una storia dalla Repubblica Democratica del Congo  

Due ragazze della stessa famiglia, entrambe di 15 anni e incinte. Volevano continuare ad andare a scuola. Così, su consiglio di alcuni loro amici, sono andate di nascosto nei boschi alla ricerca di erbe tradizionali, per preparare una bevanda che pensavano avrebbe causato un aborto. 

Le conseguenze sono però state gravi e dolorose, tanto da costringere i genitori a portarle in ospedale. Entrambe le ragazze sono morte, pochi minuti l’una dall’altra.  

Sono morte per avvelenamento causato proprio dalle piante tradizionali che avevano usato per indurre l’aborto. È una cosa che, purtroppo, in Repubblica Democratica del Congo succede spesso. 

È un paese in cui è difficile parlare di problemi come una gravidanza indesiderata. È complicato avere a che fare con tradizioni e tabù. Molte giovani donne hanno paura che i genitori scoprano la gravidanza, che le picchino o le caccino dalla famiglia.  

È molto doloroso. Molte ragazze stanno perdendo la vita.  

L’aborto farmacologico

Per prevenire sofferenze e decessi dovuti agli aborti non sicuri è fondamentale garantire programmi per la salute riproduttiva, che includano servizi di educazione alla sessualità, contraccezione, assistenza medica.  

Negli ultimi anni si sono diffuse modalità sicure e gestibili, come la pillola abortiva, per aiutare una donna a evitare un aborto non sicuro.  

L’aborto farmacologico conclude la gravidanza con successo in più del 95% dei casi e il rischio di complicanze gravi e pericolose per la vita della donna è inferiore all’1%. Questi medicinali sono poco costosi, facili da usare e la maggior parte delle donne può assumerli a casa in totale autonomia. 

Sfortunatamente, molte donne ancora non conoscono questa possibilità, come funzioni o quanto sia sicura. Restrizioni e divieti legali, stigma sociale e requisiti medici non necessari ne limitano l’accesso. Queste barriere colpiscono soprattutto i gruppi più emarginati: donne povere, adolescenti, che vivono nelle aree rurali o  in situazioni di emergenza o conflitti. 

Devo ringraziare MSF – Una storia dal Medio Oriente 

È successo durante la mia prima gravidanza. All’inizio sembrava tutto normale. Ma quando ho raggiunto il quinto mese il bambino si muoveva pochissimo.  

L’ecografia ha mostrato una malformazione del feto, non c’era molto da poter fare. “Anche se il bambino dovesse nascere, non vivrebbe a lungo”, mi è stato detto. 

Ho cercato online e ho chiesto aiuto ad amici fidati per capire se l’aborto fosse accettato dalla mia religione. Tutte le risposte dicevano che era vietato ma non potevo accettarlo. 

Alla fine, mi sono rivolta a MSF. Ci è voluto un mese per trovare una struttura che mi aiutasse. Il medico mi ha indicato come prendere le pillole una volta tornata a casa. 

In poche ore ho iniziato a sentire dolore. La dottoressa mi ha supportato per tutto il tempo. La chiamavo e lei rispondeva, anche nel cuore della notte.   

Mi sono sentita bene quando sono riuscita a concludere la gravidanza in sicurezza. Ringrazio Dio e ringrazio MSF. La dottoressa che mi ha seguita mi ha dato molti consigli e mi ha risparmiato molte sofferenze.  

Tutte le donne, ovunque nel mondo, dovrebbero avere accesso all’assistenza per un aborto sicuro, senza subire rifiuto o stigma sociale.  

Non provo più vergogna – Una storia dall’India 

Mi sono sposata intorno ai 16 anni. Mio marito è violento. Non pratica sesso sicuro, anzi afferma che gli uomini sono nati per sposare le donne e divertirsi con loro. “Sono un uomo e questo è quello che farò”, mi ha detto. 

Ho preso la decisione di non avere più figli dopo la terza gravidanza, sei anni fa. Da allora, ho comprato pillole abortive in farmacia senza supervisione medica. Quest’estate ho avuto il sostegno di MSF. 

Piangevo quando nessuno nella mia famiglia mi sosteneva, ma ora sono emotivamente autosufficiente. Non mi vergogno più a parlare della mia storia.  

Riesco a riconoscere chi vuole il meglio per me e chi no. Oggi posso parlare e decidere per me stessa. 

 

Leggi il rapporto MSF “Aborto non sicuro, donne a rischio” (2019)

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