Coronavirus Siria: primo decesso confermato

Coronavirus Siria: primo decesso confermato

Il primo caso confermato di un decesso per Covid-19 in Siria nord-orientale aumenta le nostre preoccupazioni per la preparazione e la capacità del paese di rispondere a un’epidemia di questo genere.

Un sistema sanitario indebolito dal conflitto, ritardi nelle diagnosi e la chiusura delle frontiere rendono praticamente impossibile rispondere in modo adeguato all’epidemia di Covid-19.

Dopo nove anni di conflitto e operazioni militari nell’area, il sistema sanitario è al collasso. Molte strutture mediche non sono più in funzione e quelle ancora aperte faticavano a rispondere ai bisogni medici esistenti già prima dell’epidemia.

Per la drammatica carenza di forniture e personale medico, diversi servizi e strutture sanitarie sono state costrette a chiudere, lasciando pazienti con malattie croniche e sistemi immunitari compromessi ancora più vulnerabili. Temiamo che le poche strutture mediche ancora aperte potrebbero presto essere travolte da un ingente afflusso di pazienti Covid-19 e molte persone saranno a rischio.

Lavoriamo in collaborazione con le autorità sanitarie locali e altre organizzazioni per prepararsi a un aumento di pazienti Covid nell’area. MSF lavora in particolare all’Al Hassakeh National Hospital e al campo di Al Hol.

Siamo molto preoccupati per la mancanza di test diagnostici, di attività di tracciamento dei contatti, per l’inadeguata capacità degli ospedali di gestire i pazienti e la limitata disponibilità di dispositivi di protezione individuale. Al momento la risposta in Siria nord-orientale non è lontanamente sufficiente. È fondamentale un aumento significativo di assistenza da parte di attori sanitari, organizzazioni umanitarie e donatori”. Crystal van Leeuwen Responsabile medico MSF per l’emergenza in Siria

Siamo particolarmente preoccupati per le condizioni nei campi rifugiati in tutta l’area, dove le persone vivono in spazi sovraffollati e congestionati, con scarso o nessun accesso alle cure mediche o all’acqua potabile.

Nel campo di Al Hol, dove abbiamo iniziato a fornire cure medico-umanitarie a gennaio 2019, vivono circa 65.000 persone, di cui nessuna è autorizzata a lasciare l’area. Il 94% di loro sono donne e bambini.

Secondo le autorità sanitarie locali, è stato individuato un paziente confermato di Covid-19 in Siria nord-orientale, ma i risultati del test sono arrivati in ritardo di due settimane, quando il paziente era ormai morto.

Al momento l’unica capacità diagnostica disponibile nell’area è il Laboratorio centrale di Damasco. Testare i casi sospetti di Covid-19 e ricevere i risultati tempestivamente è molto complicato.

La mancanza di capacità diagnostica affidabile e tempestiva rende praticamente impossibile individuare i casi nella prima fase, e questo ostacola pericolosamente la possibilità di rallentare la trasmissione del virus tra le comunità dall’inizio, quando è più importante”. Crystal van Leeuwen Responsabile medico MSF per l’emergenza in Siria

Garantire che forniture e personale umanitario possano entrare in Siria nord-orientale attraverso l’Iraq nord-occidentale comporta numerose sfide.

Rispettiamo le misure contro il Covid-19 messe in atto dalle autorità del Kurdistan iracheno, ma occorre garantire esenzioni e facilitazioni agli operatori umanitari perché un adeguato livello di supporto possa raggiungere la Siria nord-orientale. Gran parte del supporto umanitario alla Siria nord-orientale deve passare attraverso il Kurdistan iracheno. Abbiamo forniture supplementari estremamente necessarie e staff medico pronto a partire, ma non abbiamo le garanzie che possano entrare nel Kurdistan iracheno e proseguire verso la Siria”. Will Turner Responsabile dell’emergenza per MSF

Siamo pronti a supportare la risposta al Covid-19 in Siria settentrionale e in Iraq ma questa risposta resterà limitata se non verrà garantito un accesso tempestivo.

Chiediamo con urgenza alle autorità di Kurdistan iracheno e Siria nord-orientale di facilitare un accesso tempestivo per le organizzazioni umanitarie, inclusa la possibilità che cargo umanitari e staff internazionale possano viaggiare ed entrare in entrambi i paesi.

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