Giornata Mondiale del Rifugiato: dalla parte di chi scappa per sopravvivere

Giornata Mondiale del Rifugiato: dalla parte di chi scappa per sopravvivere

Attualmente più di 70 milioni di persone nel mondo sono costrette a fuggire dai loro paesi, il numero più alto mai registrato nella storia moderna. Sono persone che non hanno più la casa perché distrutta dalle bombe, sopravvissuti alla tortura e alle violenze sessuali, bambini traumatizzati che devono far fronte a viaggi pieni di pericoli e sofferenze

La nostra organizzazione fornisce cure mediche gratuite ai rifugiati e agli sfollati in tutte le regioni del mondo. I nostri medici lavorano in zone di conflitto, come in Siria, dove nel campo di  Al Hol, nel nord-est del paese, gestiscono una struttura medica, tre centri nutrizionali e una clinica mobile a servizio di circa 73.000 sfollati, di cui il 94% sono donne e bambini; ma anche in Iraq, Afghanistan, Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo, dove millioni di persone sono state sradicate dalle loro case e comunità. In Nord Africa, Europa e nelle Americhe forniamo cure sulle rotte migratorie più mortali del mondo, come in Libia dove assistiamo i migranti detenuti nei centri, ma anche le famiglie libiche sfollate a causa del conflitto. Siamo anche nei paesi che ospitano il più grande numero di rifugiati al mondo, come in Bangladesh, dove tra agosto 2017 e dicembre 2018 abbiamo fatto più di un milione di visite mediche ai rifugiati Rohingya, ma anche in Etiopia, Libano, Uganda, Pakistan.

Scoprite di più sui nostri progetti con migranti e rifugiati nel mondo cliccando su questa mappa interattiva:

Nel 2019 i nostri medici, infermieri e psicologi hanno visto con i loro occhi come sempre di più queste persone in fuga debbano fare i conti non soltanto con le enormi sfide poste dalla migrazione in sé, ma anche con le nocive politiche di deterrenza messe in atto dai governi. Politiche di contenimento che hanno fallito nel creare percorsi alternativi e sicuri per chi è costretto a fuggire.

“Gli Stati hanno il diritto di gestire la migrazione attraverso i loro confini, ma hanno anche la responsabilità di ridurre al minimo la sofferenza umana. Non possiamo più tollerare politiche che causano consapevolmente sofferenze e non dobbiamo credere a chi sostiene che cercare protezione sia un atto criminale o che aiutare chi ha bisogno sia sbagliato. È il tempo di fornire una risposta più umana per le persone in movimento in cerca solo di una vita migliore e più sicura, proprio come ciascuno di noi Dott.ssa Claudia Lodesani Presidente di MSF Italia

Negli ultimi mesi, a MSF è stato impedito di fornire assistenza umanitaria sull’isola di Nauru e nel Mar Mediterraneo, e questo come conseguenza diretta delle politiche di deterrenza dei governi. Governi che sempre di più criminalizzano chi cerca di mettersi in salvo, così come gli individui e le organizzazioni impegnate a assisterli.

Negli Stati Uniti come in Australia, in Europa e nel resto del mondo, i rifugiati sono sempre meno accolti. Alcuni dei paesi più ricchi al mondo stanno trascurando i loro obblighi legali internazionali volti alla protezione dei rifugiati e richiedenti asilo, preferendo fornire un sostegno finanziario e altre forme di incentivi ai paesi disponibili ad accogliere. Tutto ciò sta trasformando il sistema degli aiuti da un supporto fornito sulla base dei bisogni a uno strumento di controllo delle migrazioni.

“Una delle prime cose che mi ha impressionato del campo di Moria a Lesbo sono i numeri con cui vengono registrate le persone. Iniziano tutti con il prefisso 05, da quel momento smetti di avere un nome, un’identità, una storia. E poi sono rimasto colpito dalle file lunghissime, file per il cibo, file per accedere ai pochi servizi igienici presenti, file per accedere alla procedura di richiesta di asilo politico. Mesi, anni, passati così, a stare in fila Fabrizio Carucci Psicologo di MSF appena rientrato da una missione di 8 mesi in Grecia

MSF continua a richiamare gli Stati ad adottare politiche migratorie e d’asilo che abbiano come priorità la salute e la dignità delle persone e che non producano ulteriori sofferenze per chi è costretto a fuggire.

Nessun muro, nessun oceano o mare potrà mai fermare chi cerca protezione. Per le persone in fuga MSF continuerà a fornire l’assistenza umanitaria e le cure mediche di cui hanno disperatamente bisogno.

 

“Storie di sopravvivenza”, testimonianze di chi ha rischiato tutto per mettersi in salvo

Dalla Siria al Libano

Mohammad è arrivato in Libano con suo figlio Talha di 10 anni, nato con un difetto cardiaco. “Siamo stati costretti a fuggire dalla Siria per continuare la sua cura. Qui il nostro più grande problema è di tipo economico: la scuola per i bambini, le cure mediche, le medicine. Vorrei per Talha e la mia famiglia una vita migliore vorrei che stesse meglio e in salute per continuare la nostra vita insieme.” Talha ha quattro fori cardiaci e ha bisogno di un centro specialistico per un trapianto del cuore che dovrebbe fare quanto prima.

Dalla Guinea all’Ex-MOI di Torino

M., originario della Guinea, ha 21 anni ed è arrivato in Italia qualche anno fa. Oggi vive all’Ex MOI di Torino, dove MSF porta avanti dal 2016 un progetto di orientamento ai servizi sanitari pubblici territoriali rivolto ai residenti delle palazzine, in collaborazione della ASL “Città di Torino” e del Comune di Torino.

“Dovevamo montare una giostra per bambini: sono caduto da un camion e mi sono rotto un braccio. Sono rimasto in ospedale per due giorni, poi sono ritornato all’Ex-MOI. Le persone di MSF mi hanno aiutato ad avere la tessera sanitaria e un medico. Poi mi hanno accompagnato in ospedale per l’operazione e per la fisioterapia. Mi hanno aiutato anche quando ho deciso di denunciare il mio titolare che al pronto soccorso non aveva dichiarato che ero stato vittima di un incidente sul lavoro. Non parlando l’italiano, è come se non riuscissi a fare niente da solo”.

Dal Venezuela alla Colombia

Marilyn Diaz e la sua famiglia sono arrivati a Tibù (in Colombia) un anno e mezzo fa, dopo aver lasciato il Venezuela a causa di difficoltà economiche. MSF ha assistito Marilyn durante la gravidanza e il suo primo figlio quando ha smesso di mangiare.

“Mi sono rivolta a MSF perché ero incinta, avevo problemi fisici e mio figlio aveva praticamente smesso di mangiare. Hanno visitato entrambi. Mio figlio era sottopeso, gli hanno dato del cibo terapeutico e ora sta molto meglio. A me hanno dato medicine e vitamine. Ho partorito 3 giorni fa, qui in ospedale. È andato tutto bene. Qui sopravviviamo, ma non vediamo l’ora di tornare a casa”.

In Colombia, MSF lavora con i migranti e richiedenti asilo venezuelani in Norte de Santander, Arauca e La Guajira.

 

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