Stefano Di Carlo

Stefano Di Carlo

Direttore Generale MSF

Quante migliaia di morti civili servono per ritrovare la coscienza?

Stefano Di Carlo

Stefano Di Carlo

Direttore Generale MSF
Quante migliaia di morti civili servono per ritrovare la coscienza?

Come siamo arrivati al punto che chiedere pubblicamente la fine di un massacro e la protezione di tutti i civili sia un messaggio fazioso? Come hanno fatto oltre 28.000 vittime di guerra a scomparire dalla coscienza pubblica e politica?

Negli ultimi quattro mesi, sotto le macerie degli attacchi indiscriminati è stato seppellito anche il principio di umanità. Il vocabolario della guerra ha ingorgato i discorsi pubblici, schiacciati sullo schieramento da una parte o dall’altra.

La differenza tra chi uccide ferocemente e prende ostaggi, tra chi colpisce indistintamente obiettivi civili e militari e chi muore nelle proprie case o cercando riparo è diventata irrilevante, sotto i colpi di disumane punizioni collettive inflitte alla popolazione civile.

Da 160 anni la guerra ha delle regole basate su principi ratificati dagli Stati, come il principio di umanità che garantisce dignità a civili, feriti e vulnerabili, il principio di distinzione tra militari e civili, che non possono in alcun modo diventare obiettivi, il principio di proporzionalità che richiede equilibrio tra l’azione militare e le perdite umane che comporta.

I quasi 30.000 morti, gli oltre 66.000 feriti, la distruzione delle infrastrutture, del sistema sanitario, il blocco di acqua e cibo a Gaza, portano con sé una volontaria disumanizzazione della popolazione, il disprezzo ripetuto e palese del diritto umanitario internazionale.

Davanti a tutta questa distruzione, avremmo voluto che si levasse forte e sin dall’inizio la voce dei governi che, come l’Italia, hanno ratificato le Convenzioni di Ginevra e si sono così impegnati a rispettare e far rispettare il diritto umanitario e a proteggere le vite dei civili. Avremmo voluto sentire quelle voci invocare la fine del massacro mesi fa.

Il cinico pragmatismo della politica ha troppo a lungo esitato, nonostante due risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Mentre alcuni governi per troppo tempo si sono voltati dall’altra parte, la responsabilità morale di chiedere il CESSATE IL FUOCO è ricaduta sulla società civile, sulle organizzazioni umanitarie, sull’opinione pubblica. E persino sugli artisti, dal palco del Festival di Sanremo.

Ci sono voluti quattro mesi di attacchi indiscriminati e migliaia di donne, uomini e bambini massacrati perché i governi e le istituzioni internazionali si accordassero sull’urgenza di invocare il cessate il fuoco a Gaza.

Adesso servono fatti, non schieramenti politici e ideologici, per proteggere migliaia di vite. Bisogna fermare il massacro. Servono aiuti umanitari immediati e illimitati in tutta la Striscia di Gaza, senza condizioni e restrizioni geografiche, con l’unico obiettivo di proteggere le persone e garantire l’assistenza necessaria.

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